derivati new concept advisory

Azioni ai minimi storici.

Prezzo delle azioni sceso di tre quarti dall’inizio dell’anno fino a un nuovo minimo storico di 93 centesimi. Un valore di mercato crollato a 2,7 miliardi di euro. Una situazione critica quella del MPS.

Un’acquisizione folle

Le attuali condizioni del Monte dei Paschi di Siena, la più antica banca d’Europa, sono davvero preoccupanti. A far scricchiolare le fondamenta di Rocca Salimbeni sono stati anni di gestione opaca e spericolata, tra frodi contabili, titoli tossici e operazioni in apparenza irrazionali dal punto di vista economico, come l’acquisizione della banca Antonveneta.

L’origine dei problemi di Mps è l’acquisizione della banca Antonveneta, avvenuta nel novembre 2007 per 9 miliardi di euro. Si tratta di una cifra spropositata per un istituto che l’anno prima aveva chiuso il bilancio con un utile netto di 408 milioni di euro e ricavi per due miliardi.

Finita nel 2005 al centro dello scandalo “Bancopoli” (che ebbe tra le conseguenze le dimissioni dell’allora governatore di Bankitalia, Antonio Fazio), Antonveneta fu rilevata per 8 miliardi dall’olandese Abn Amro, che venne acquisita a sua volta nell’ottobre 2007 da un consorzio composto da Rbs, Fortis e Santander. Durante l’operazione, i revisori valutarono Antonveneta 6,6 miliardi. Nonostante ciò, il gruppo spagnolo riuscì a cedere subito dopo Antonveneta a Mps per un prezzo decisamente sopravvalutato, incassando una plusvalenza di 2,4 miliardi.

La vicenda ha molti lati oscuri, che spetterà alla magistratura chiarire. Mps fu costretta a ricorrere ai derivati per occultare il reale impatto sui conti di un’operazione non proporzionata alle forze reali del gruppo.

Le operazioni sui derivati nascoste a Bankitalia

Negli anni precedenti all’acquisizione di Antonveneta, quelli dell’espansione che la faranno diventare la terza banca del Paese, Mps aveva già iniziato a operare su prodotti finanziari derivati con una disinvoltura non comune per un istituto italiano. Lo scopo era coprire le perdite di bilancio derivanti da altre operazioni, spalmandole su un arco temporale più lungo. E’ del 2002 la sottoscrizione del derivato Santorini, al quale segue nel 2005 quella di Alexandria per 400 milioni.

All’epoca sembrava un buon investimento, dato il rating tripla A, ma la successiva crisi dei mutui mostrerà quanto affidabili fossero le agenzie di rating. Il fallimento di Lehman Brothers nel settembre 2008 innesca una svalutazione generalizzata del comparto. Alexandria perde un terzo del suo valore e causa un buco nei conti da almeno 220 milioni. Per nasconderlo, Montepaschi cede al broker giapponese Nomura i titoli Alexandria. Intanto crolla anche il valore di Santorini, un contratto stretto invece con Deutsche Bank.

Secondo alcune stime, le perdite legate a questi due derivati toccano i 750 milioni. La Banca d’Italia non riceverà alcun documento relativo a tali operazioni fino al dicembre 2012. L’operazione Alexandria verrà chiusa solo nel settembre 2015 dopo una convulsa battaglia legale tra l’istituto senese e la controparte nipponica.

La situazione degli ultimi anni

La crisi economica che ha investito l’Italia insieme a una crescita del Paese ancora molto al di sotto della media europea continuano a far salire lo stock di prestiti deteriorati nei bilanci delle banche italiane. A traballare di più sono quelle più vulnerabili, come Montepaschi, che chiude il 2015 con un rosso di 388 milioni. Le sofferenze nette contano per l’8,7% dei crediti totali, le inadempienze probabili per un altro 11,1%. Ed è ormai troppo tardi per un intervento statale.

Il 1 gennaio 2016 scatta infatti la direttiva europea sul “bail in”. Da questo momento, gli istituti di credito dovranno essere salvati a spese degli investitori e non dei contribuenti. Una beffa per l’Italia, che a differenza degli altri grandi Paesi europei, negli anni successivi al crac di Lehman, quasi non era dovuta intervenire per salvare le proprie banche: oggi indebolite non da giochi con i titoli tossici, ma da un accumularsi di sofferenze legate alla difficile situazione finanziaria di migliaia di piccole e medie imprese.

Sei mesi dopo, una nuova bocciatura agli stress test. Per non rischiare di colpire i piccoli investitori che hanno investito in obbligazioni subordinate resta una strada sola: un altro aumento di capitale da 5 miliardi, quello sul tavolo dell’assemblea dei soci di oggi insieme al deconsolidamento di 27,6 miliardi di sofferenze lorde.

Un istituto bancario “a rischio”

La situazione di Mps è veramente critica. Purtroppo, dopo innumerevoli scelte azzardate e sbagliate, l’istituto bancario si trova ad affrontare una crisi in piena regola.

In un altro articolo, abbiamo parlato della situazione critica delle banche italiane nell’Europa e nel mondo.


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